Biografia

Paolo Bellini, * 28.2.1941 Mendrisio. Conclusa la scuola dell’obbligo, Bellini inizia a lavorare in una fonderia dove apprende le tecniche della fusione in bronzo e ha modo di conoscere diversi artisti, fra cui Jean ArpEmilio StanzaniRemo Rossi, Lynn Chadwich e Olivier Strebelle. I suoi primi tentativi di modellazione risalgono agli ultimi anni ’50 e nel 1961, su consiglio di alcuni di questi artisti, si iscrive all’Accademia di Brera dove frequenterà i corsi di Marino Marini. Terminati gli studi, soggiorna in Belgio come assistente dello scultore Strebelle, poi inizia l’attività in proprio, intercalando il lavoro con viaggi di studio. Dal 1990 al 1996 è membro della Commissione federale di belle arti a Berna. A partire dagli anni ’80 il suo percorso espositivo si amplifica fino alla personale tenuta al Centro culturale svizzero di Parigi nel 1990; due anni dopo progetta e realizza un’istallazione monumentale nella chiesa di S. Croce a Riva San Vitale. Nel 1995 e 1996 allestisce due importanti mostre sulla sua scultura in ferro prima alla Pinacoteca comunale Casa Rusca di Locarno, poi alla Galleria d’arte moderna di Verona. Tra le sue successive personali si ricordano quelle tenute nel parco di Villa Saroli a Lugano (2000),al Museo Villa dei Cedri di Bellinzona (2003),al Museo Vincenzo Vela di Ligornetto (2007),a Castel Pergine (Valsugana, 2014),al Kunstmuseum di Berna (2013) e allo Spazio Officina a Chiasso (2019).

Paolo Bellini esordisce come scultore nel solco della tradizione del primo Novecento e delle avanguardie storiche: i suoi primi bronzi sul tema della figura-paesaggio o della maternità si caratterizzano infatti per una plasticità molto solida, a piani fortemente sbalzati, dove si riscontrano influenze riferibili al postcubismo e all’arte di Henry Moore. Ma già a partire dal 1967 l’artista abbandona progressivamente la scultura figurativa e si indirizza verso una libera astrazione che, per un verso, porta ancora dentro di sé memoria di realtà organiche come testa, corpo, fiore o albero; ma, dall’altro, mira a scomporre le strutture piene e, procedendo per contrappunto, indaga i rapporti tra linea e volume, compattezza o apertura delle masse, superfici lucide e opache. Questo percorso lo porterà, durante i primi anni ’80, ad accentuare la bidimensionalità dell’opera con pareti che si ergono lisce, quasi metalliche, intaccate però da evidenti richiami informali.

L’inserzione di lamine metalliche e l’utilizzo di materiali nuovi determinerà la seconda fase della sua scultura, caratterizzata dall’abbandono del bronzo e realizzata servendosi di elementi metallici recuperati e saldati: dapprima (1985) con laminati d’alluminio di scarto industriale, poi, dal 1987, con residui di ferro che lo scultore rivitalizza e ricrea con intendimenti diversi rispetto alla loro funzione originaria: alle forme iniziali, geometricamente più composte, di ascendenza postcubista e costruttivista, col tempo si sostituiscono soluzioni più mobili, in cui il ferro, piegato e modulato, viene usato più liberamente al fine di attenuare la costruttività dell’opera e di farne dimenticare la connaturata rigidità.

Un successivo cambiamento di materiale avviene nel 2009, quando Bellini abbandona gli scarti ferrosi per lavorare con lamiere industriali di ferro zincato di 2-3 mm, dando origine a spostamenti anche sul piano formale: i singoli elementi, sforbiciati e piegati, vengono assemblati come fossero sottili ritagli di carta con cui costruire una struttura leggera dalle connotazioni molto differenziate. La scultura diventa (memoria di) paesaggio, architettura, figura ma nel contempo si fa più ariosa e lieve, anche per il diverso modo di riflettere la luce e di relazionarsi allo spazio che le accoglie o entra in esse tramite un vuoto di «peso» equivalente al pieno. Lo stesso si potrebbe dire della linea che diventa coprotagonista dell’opera per il libero alternarsi di linee rette, curve o ondulate, di sviluppi in orizzontale o in verticale. Ne risulta fortemente attenuata, fino quasi a dissolversi, quell’originaria percezione di scultura come massa, peso e compattezza che ritorna invece nelle ultime sculture dell’artista: opere caratterizzate dal colore e dalla serrata ricomposizione della forma, ciò che conferisce loro il senso di una massa che si chiude e compatta su se stessa.

Opere in collezioni istituzionali (selezione): Bellinzona, Museo Villa dei Cedri; Lugano, Museo d’arte della Svizzera italiana, Collezione Cantone Ticino e Collezione Città di Lugano; Mendrisio, Raccolta dell’Ospedale della Beata Vergine; Zofingen, Collezione Comunale.

Arte nello spazio pubblico / arte nell’architettura (selezione): Chiasso, Biblioteca comunale; Chiasso, Corso S. Gottardo; Kloten, aeroporto; Locarno, largo F. Zorzi; Mendrisio, Biblioteca comunale La Filanda; Mendrisio, Piazzale alla Valle.

Claudio Guarda, 2005, aggiornato dall'autore, 2022

Guida per citazioni:
Claudio Guarda: «Paolo Bellini», in SIKART Dizionario sull'arte in Svizzera, 2022 (prima edizione 2005).
https://recherche.sik-isea.ch/sik:person-4002026/in/sikart

 

Link:

https://www.paolobellini.ch/

https://www.google.com/search?biw=1330&bih=718&tbm=isch&sa=1&ei=ZE5jXMeGN-iCrwSAuLv4DQ&q=paolo+bellini+artista&oq=paolo+bellini+artista&gs_l=img.3...5442.10067..10792...0.0..0.103.934.9j1....2..1....1..gws-wiz-img.......0j0i30j0i8i30j0i24.jXAoAxKvz9A

https://www.carzaniga.ch/kuenstler/$/Paolo-Bellini/49

https://mendrisio.ch/una-scultura-per-il-piazzale-lafilanda/

https://www.centroculturalechiasso.ch/spazio_officina/paolo-bellini-scultura-sinestetica/

https://www.osservatore.ch/allo-spazio-officina-di-chiasso-la-mostra-di-paolo-bellini_7615.html

https://www.osservatore.ch/allo-spazio-officina-di-chiasso-la-mostra-di-paolo-bellini_7615.html#google_vignette

https://incitta.ch/eventi/paolo-bellini/

 

 

 

 


Fotografie di BELLINI Paolo

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