Biografia
Filippo Franzoni, * 8.10.1857 Locarno, † 17.3.1911 Mendrisio. Formatosi all’Accademia di Brera dal 1876 al 1884 sotto la guida di Giuseppe Bertini, grazie alle conoscenze della madre, raffinata e colta donna di origini aristocratiche, Filippo Franzoni entra subito in contatto con stimolanti ambienti intellettuali milanesi. Pur mantenendo forti legami col Ticino, il pittore locarnese vive per un lungo periodo prevalentemente a Milano, stringendo amicizia con diverse personalità dei circoli scapigliati. Nel 1887 installa uno studio sull’Isola di Brissago, ospite della baronessa russa Antonietta Saint-Léger, grazie alla quale ha modo di frequentare una cerchia di persone cosmopolite, di sofisticata cultura, e di condividere con lei ed altri appassionati, tra cui i pittori Daniele Ranzoni, Vittore Grubicy e Gaetano Previati, il suo grande amore per la musica. Ottimo violoncellista e pioniere nel campo della fotografia (si ricordino soprattutto i suoi scorci fotografici del mercato di Locarno, modelli per alcuni dipinti sullo stesso tema),Franzoni ricava da questi due campi di ricerca spunti, impressioni e teorie per la propria pittura. Dopo la morte del padre e della madre – figura di grande importanza nella crescita spirituale e artistica del pittore – nel 1893 Franzoni ritorna definitivamente a Locarno, nella casa dei genitori che di tanto in tanto lascia per brevi soggiorni a Parigi, Venezia, Firenze. Se da un lato i contatti col mondo milanese vanno a poco a poco perdendosi (in Italia è presente in diverse esposizioni soprattutto agli esordi),dall’altro inizia col rientro in patria una più fitta frequentazione degli ambienti, anche ufficiali, svizzero-tedeschi. Amico e collega di artisti quali Otto Hegner (pianista), Albert Welti, Hans Emmenegger e Ferdinand Hodler, col quale trascorre negli anni ’90 alcuni mesi dipingendo «en plein air», Franzoni entra a far parte di giurie e commissioni federali. Così pure è presente in importanti rassegne svizzere e in alcune manifestazioni tedesche (Monaco, Düsseldorf). Il disgusto verso politica e mentalità locali non gli impedisce, tuttavia, d’impegnarsi in alcune significative iniziative culturali, fra le quali spicca la fondazione del Teatro di Locarno, inaugurato nel 1902. Studioso di filosofia e teosofia, amico del politico e pensatore ticinese Alfredo Pioda, tra il 1903 e il 1906 egli si avvicina alla comunità naturista insediatasi sul Monte Verità. La salute minata da una lunga malattia, accudito dall’inseparabile Margherita Massera, Franzoni si spegne nel manicomio di Mendrisio.
Gli esordi di Filippo Franzoni sono contraddistinti da una pittura d’impronta scapigliata, sull’esempio di Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni. Sono i contatti col mondo artistico lombardo-piemontese a forgiare la personalità dell’artista locarnese: i suoi paesaggi si ricollegano alla pittura di Antonio Fontanesi, Enrico Reycend, Emilio Gola, di cui assimila il vibrante bozzettismo, come attesta la grande composizione Processione di proprietà della Città di Locarno. Caratteristici di questo primo periodo una certa inclinazione alla descrizione minuziosa, il ricorso nella composizione al taglio diagonale e la veduta di ampio respiro, la cui vastità spesso è messa in maggior risalto dall’inserimento di minuscole presenze. Gli influssi della pittura tardoscapigliata lombarda si ravvisano ancora nel Franzoni fin circa alla fine degli anni ’80, momento al quale si può ricondurre il ritratto di Margherita (Locarno, Fondazione Franzoni),che denota già, d’altra parte, uno schema compositivo di grande semplicità e originalità, nonché l’abbandono dell’elemento descrittivo delle prove iniziali.
Verso il principio degli anni ’90, i brevi tocchi dei lavori giovanili lasciano gradualmente il posto a una stesura per ampie e compatte zone; tecnica che ricorda fortemente la pittura dei Nabis francesi. La madre (1891, Locarno, Fondazione Franzoni),il capolavoro della prima maturità, segna il conseguimento di un linguaggio svincolato dal bozzettismo lombardo del tempo. Il ritratto materno è preceduto da una serie di studi fotografici e di bozzetti; nella versione finale le diagonali tracciate dagli oggetti, il colore steso per zone ben definite e la compressione dello spazio fanno di questo dipinto un’affascinante composizione ad incastro. Incline alle ricerche filosofico-musicali, Franzoni persegue col tempo una pittura sintetica, di carattere aspro e scarno, affine a quella luminosa di Vittore Grubicy, teorico del divisionismo, attivo nella regione del Verbano. Alcuni studi del paesaggio lacustre di piccolo formato risalgono a questi anni d’intensa sperimentazione (1893–96),dove l’artista mira a raggiungere il massimo grado di luminosità e, come scrive l’amico Pioda «a rivelare la legge pura, [...] sciolta dall’accidentalità della forma». Questi piccoli studi sfociano nel grande dipinto Delta della Maggia (Confederazione svizzera),opera presentata in varie rassegne nazionali tra il 1896 e il 1901. «L’astratto mi fascina. Il concreto mi annoia» annota Franzoni in un suo taccuino: una chiara indicazione del percorso che seguirà fino alla fine. Nel segno di una sempre più radicale sintesi formale nascono verso la metà degli anni ’90, o poco oltre, opere chiave nel percorso dell’artista, quali Paolina e La vela, immagini esemplari di una pittura giunta al culmine di un processo di rarefazione e smaterializzazione.
Partendo da una rappresentazione realistica della natura, Franzoni giunge alle soglie del Novecento a una pittura di stampo simbolista, in cui appaiono evidenti, nelle scelte compositive e nei soggetti trattati, i riferimenti a Ferdinand Hodler e al Secessionismo tedesco. A Hodler si riferisce ad esempio la frontalità di alcuni lavori del tardo periodo; frontalità nel fiero e severo Autoritratto databile poco dopo il 1900 (Locarno, Fondazione Franzoni) ma anche in alcuni paesaggi dove pianura e montagna sono divise da una linea netta, esattamente orizzontale. Dalla trasparenza e dalla solarità di Le nipotine all’Isolino (Locarno, Fondazione Franzoni) si passa dapprima alla serie dei cosiddetti «quadri astrali» – in buona parte vedute con arcobaleno o notturni, la cui definizione di «astrale» deriva dalle teorie teosofiche sui tre corpi dell’uomo: fisico, astrale e psichico – e in seguito alle visioni mitologiche e fantastiche, con streghe (un richiamo ai sabba dell’amico Albert Welti),fauni e Narcisi, in un paesaggio irreale, immerso in atmosfere «accidiose e lutolente», dalle tinte grigio-verdognole. Molto particolare il cromatismo del periodo finale: un denso impasto con accensioni di rossi e gialli, cotraddistinto da una libertà nell’uso del colore che richiama alla mente i pittori della Scuola di Pont-Aven. Gli ultimi dipinti del Franzoni, affascinato dal macabro e dall’occulto, sono apparizioni che possiedono nel loro caotico, folle miscuglio di segni e colori un’inquietante forza suggestiva. È l’estremo periodo, quello in cui prevale il non finito di piccolo formato; produzione nella quale il pittore si esprime al meglio, superando in qualità ed intensità quella, più accademica e di genere, delle grandi composizioni.
Opere: Bellinzona, Museo Villa dei Cedri; Locarno, Pinacoteca comunale Casa Rusca, Fondazione Franzoni; Lugano: Museo cantonale d’arte, Museo civico di belle arti.
Soldini Simone, 1998
Link sull'artista:
https://www.lanostrastoria.ch/medias/93252
https://lanostrastoria.ch/entries/MWBnvBZkn4g
Realizzato da Matteo Bellinelli, l'11 febbraio 1985 la TSI mandò in onda questo documentario dedicato alla figura del pittore locarnese Filippo Franzoni (Locarno, 1857 - Mendrisio, 1911). È ripercorsa tutta la vita dell'artista: dagli anni vissuti a Milano frequentando l'Accademia di Brera (1876) ed entrando in contatto con l'ambiente aristocratico lombardo e con l'allestimento di varie esposizioni in tutta Italia, fino al rientro definitivo a Locarno nel 1893, diradando i contatti con il mondo artistico lombardo fino alla morte al manicomio di Casvegno nel 1911.
https://www.editore.ch/shopvm/arte/filippo-franzoni-1857-1911-detail.html