Biografia

Carlo Cotti, * 27.6.1903 Lugano, † 10.7.1980 Lugano. Frequenta elementari e ginnasio a Lugano. Nel 1919 si iscrive all’Accademia di belle arti a Brera, dove segue i corsi di Vespasiano Bignami. Nel 1923 è costretto ad abbandonare gli studi accademici e a ritornare in patria. Risiede brevemente a Zurigo; poi torna a Lugano. Data al 1925 il soggiorno romano, dove entra nel circolo dei pittori di Via Margutta. Con Antonio Donghi, Achille Funi e Carlo Socrate espone a una collettiva del gruppo del Novecento italiano (1926). Ritorna a Lugano nel 1927, per poi recarsi brevemente a Bergamo. Nel 1928 è di nuovo a Zurigo, impegnato soprattutto nel campo della grafica. L’anno seguente si stabilisce definitivamente a Lugano; si dedica prevalentemente all’arte sacra (affreschi, mosaici e restauri). Cotti diviene un importante punto di riferimento nell’ambiente culturale ticinese, sia perché si colloca come punta avanzata nell’incessante ricerca di linguaggi innovativi, sia perché la Scuola del nudo da lui fondata a Lugano (1945) diventa luogo di ritrovo per molti giovani artisti. Intraprende diversi viaggi che incidono fortemente nel suo percorso artistico; come quelli a Parigi, a partire dal 1939. Risale al 1940 l’incontro con il pittore romando Maurice Barraud. Amico di Contini, negli anni della Seconda Guerra è uno degli intellettuali locali più vicini a noti rifugiati italiani. Nel 1945 si sposa con Cecilia Hotop. Dal 1963 al 1969 insegna critica d’arte al Centro scolastico industrie artistiche di Lugano. È in questi anni che stringe amicizia con Lucio Fontana. Dona in lascito la propria collezione di arte contemporanea al Museo civico di belle arti di Lugano e dà disposizione perché venga creato con buona parte della sua produzione il Fondo Cotti, finalizzato all’acquisto dei lavori di giovani artisti svizzeri.

La parabola di Carlo Cotti – artista versatile, personalità raffinata e inquieta, sensibile al divenire delle arti – rimane esemplare per capire i profondi mutamenti che hanno scosso nel XX secolo l’arte ticinese. Molteplici le fasi vissute con la massima serietà e passione dall’artista luganese: nel suo percorso si ritrovano infatti linguaggi espressivi e formali estremamente diversi l’uno dall’altro. Ma non manca pertanto nell’insieme una coerenza, individuata la quale si possono cogliere tratti distintivi della sua personalità: ricerca dell’essenziale, un segno filiforme, aereo che trasmette leggerezza, trasparenza, luminosità. Cotti esordisce a fianco dei Novecentisti italiani con dipinti dai toni scuri, dove forte è il senso plastico dell’oggetto. L’attività di frescante, l’interesse per l’impressionismo, per la pittura di Carlo Carrà e Filippo De Pisis, il sodalizio con Barraud lo conducono a una pittura in cui predominano un delicato e chiaro cromatismo, un disegno dal tratto esile, una materia a momenti scarna, in altri invece vaporosa (Auguste Renoir e Julius Pascin). 

Il processo verso la stilizzazione figurativa inizia intorno al 1950, allorché i colori si fanno più nitidi e le pennellate più larghe, e si compie sei anni più tardi, quando appena si distingue sulla superficie un tracciato di linee. I tardi anni ’50 segnano la svolta verso l’informale; un linguaggio tramite il quale Cotti si esprime in modo vario – dalla macchia agli intrecci di linee, dalla regolare scansione ad esplosioni di segni – fino al materico delle composizioni degli anni ’60. Da qui, cominciando ad inserire nel dipinto-rilievo materiali metallici, procede verso l’astratto-geometrico. È in quest’ultimo periodo, quello costruttivista (1968–1980),che Cotti opera come scultore, usando materiali quali l’alluminio o il vetro, i quali esaltano le qualità di levità, trasparenza e luminosità della sua ricerca, tendente alla piena libertà espressiva.

Opere: Lugano: Museo cantonale d’arte, Museo civico di belle arti (incluso Fondo Cotti).

Simone Soldini, 1998
 

 

Carlo Cotti e la sua città 
Carlo Cotti nasce a Lugano nel 1903 da padre bergamasco e madre tedesca. Dotato di evidenti capacità artistiche, il giovane Cotti si iscrive, nel 1921, all'Accademia di Belle Arti di Brera. In questi anni di studi accademici nel capoluogo lombardo si intercala una breve ed estemporanea stagione futurista. Nel 1923 il giovane pittore luganese dovrà però abbandonare i corsi dell'istituto braidense a causa della Legge Gentile, che vietava l'accesso agli studenti stranieri.
Tra il 1923 e il 1926 Cotti soggiorna a Roma, presso la famiglia materna, i Rätsel. In questo periodo frequenta i pittori 'dissidenti' di via Margutta.
I lavori degli anni Venti risentono dell'influenza del Novecentismo italiano (teoria dei Valori Plastici). Ne sono tuttavia eliminati gli elementi arcaicizzanti e ogni supporto metafisico. Cotti esegue in questi anni numerosi ritratti femminili, apprezzabili per la delicata sensibilità psicologica. Nel 1927 abbandona l'Italia e si trasferisce a Zurigo, dove si cimenta con la grafica.
Il ritorno definitivo a Lugano avviene nel 1928, quando ottiene una serie di incarichi (affreschi religiosi e restauri). In questo periodo l'elemento luce si fa sempre più importante e determinante a livello strutturale, grazie alle influenze di Tosi, Morandi e De Pisis, che lo affrancheranno lentamente dal Novecentismo avvicinandolo al postimpressionismo. Le superfici dei volumi vanno sempre più sfilacciandosi in una materia cromatica variegata, arricchita spesso di semivelature. Lo testimoniano Sole d'autunno del 1939 e Marco del 1945, nel quale tuttavia già si rivela un'ansia interiore, un'inquietudine esistenziale. Nel 1939-42, Cotti, colpito dalla demolizione del rione popolare di Sassello, si impegna a lasciare testimonianza di quell'intervento, che determinerà una nuova epoca della città.
Per questa linea testimoniale, Cotti finirà per offrirci una memoria commossa di una Lugano in via di sviluppo e di evoluzione, documentata in base alle emozioni dell'artista, a quel senso di premurosa riscoperta che agiva in lui. Si introdurrà nei dipinti, un maggior arricchimento luministico: la solarità del lungolago con le sue palme e i caffè all'aperto, la ricchezza cromatica delle aree di sosta, la leggerezza dell'atmosfera lacuale, l'istantanea, intrattenibile felicità di un bambino con un palloncino, come nel memorabile Bimbo felice del 1956. Ma il tono poteva essere anche elegico, col riaffiorare del senso della 'perdita', come in Officine chiuse: immerse nei riverberi di una luce che si diffonderà soprattutto tra le pareti del suo atelier, con le modelle dalle teste reclinate e dai seni fragili e dolorosi. La luce si smorza, invece nei luoghi dei sogni lontani, le stazioni, con gli infiniti rettilinei dei binari (da osservare I binari del 1955, dove si palesa una sorta di costrizione, forse la rassegnazione di dover sostare in un luogo dove le sue emozioni parevano solo parzialmente esprimibili per l'improvvisa inflessibilità del linguaggio). Non per nulla è un periodo in cui gli stili paiono sovrapporsi gli uni sugli altri, quasi la soluzione fosse, al limite, la totale espulsione dell'iconografia, per arrendersi al bianco anonimo. La vocazione all'anonimato in Cotti si manifesterà tuttavia solo come tentazione, come attestano i dipinti puristi alla Nicholson: Le comari e Dopo la Santa Messa della Madonnetta, entrambi del 1956. Sono queste, per altro, le ultime testimonianze della città. Subentrerà ben presto un altro modo di manifestare questa tentazione, utilizzando linguaggi d'avanguardia: l'informale, il neocostruttivismo e l'oggettualità, non meno preziosi per indicare la via verso la scoperta di una nuova luce, che alla fine il pittore ricaverà grazie alle rifrazioni delle sculture in vetro.

 

Link:

https://www.google.com/search?biw=1344&bih=731&tbm=isch&sa=1&ei=3v5XXL_ZK8uxkwWzpb-IAw&q=carlo+cotti+artista&oq=carlo+cotti+artista&gs_l=img.3...8399.10734..12020...0.0..0.76.558.8....2..1....1..gws-wiz-img.......0j0i30j0i24.jkTXz2gpCW8

http://www.brunogf.ch/bio/109-111_Vicari-Agliati_Lugano_Di_Ieri_(Carlo_Cotti).pdf

https://lanostrastoria.ch/entries/0OYn1PMvXbK

https://lanostrastoria.ch/entries/1WwAPO1Nn3G

 

 

 

 

 


Fotografie di COTTI Carlo

Carlo CottiCarlo CottiCarlo CottiCarlo CottiCarlo CottiCarlo CottiCarlo CottiCarlo CottiCarlo CottiCarlo Cotti
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